2nd Ott, 2012

Sergio Andreatta, EDUcare, difficile scommessa

EDUcare

difficile scommessa

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“Smettila! Se non la smetti, ti chiudo in macchina!”. Sono all’interno del più noto supermercato del quartiere quando sento redarguire così rudemente, dietro di me, quello che penso essere un bambino, magari capriccioso. Una, due, tre volte con un crescendo assoluto di cattiveria. Quando mi giro, colgo il disagio di un bimbetto di un anno e mezzo, o poco più, seduto al centro del carrello della spesa ancora vuoto. Intimorito non dice ormai più nulla, si guarda solo intorno spaurito, forse si è fatto la pipì nel pannolino o forse ha indicato con la mano qualcosa per farsela comprare. “Smettila, ti ho detto! Ma perché non te ne vai con tua madre ?!” Più che mai sconcertato da tanta insistente durezza, cerco fisso gli occhi di quel papà poco più che trentenne. Quanta cattiveria! Sarà la disoccupazione, il portafoglio vuoto (aveva poche cose in mano), una crisi di coppia in atto, l’effetto di qualche droga penso. Ma il bambino, il bambino che c’entra? Perché maltrattarlo? Continuo a guardare la scena con ostentata indiscrezione, preoccupandomene. Finalmente il padre tiranno si accorge di non essere più solo nel pianeta tra gli scaffali, realizza forse di non poter più disporre a suo piacimento della piccola vittima, cambia tono, prende il figlioletto tra le braccia, dimostrando di recuperare quel rapporto affettivo che non avrebbe mai dovuto sfilacciarsi con un bambino così piccolo… EDUcare vuol dire prendere per mano, condurre, entrare nella sfera del bisogno di cura che ha ogni persona e specialmente un bambino. Dalla qualità delle cure materne e paterne, tra gli zero e i tre anni, dipende in seguito l’igiene mentale, l’equilibrio emotivo e la stessa intelligenza (compreso lo sviluppo del linguaggio) del bambino. Se “le stelle sono quelle piccole fessure attraverso le quali fuoriesce la luce dell’infinito”, come ha detto Confucio, quel bambino in quel momento voleva solo catturare la stella, abbracciare il suo papà. Altri ragazzi vivono, sembra strano a dirsi ma è così, da randagi nel nostro quartiere, non hanno avuto l’opportunità di identificarsi nei loro genitori freddi e repulsivi. Anche loro sognatori di stelle, facendo più tentativi, hanno cercato di prendere le loro (ce ne sono per tutti), bussato in cerca di soddisfazione al loro naturale “bisogno di genitore”, poi forse di fronte alle frustrazioni della loro voglia d’amore, alla porta sbattuta ripetutamente in faccia sono passati a vivere già da un pò solo nel loro “gruppo-di-strada”, autonomi ma già inclini – per mancanza di guida – a farsi presto “adulti-problema”. © – Sergio Andreatta, psicopedagogista (Per La Voce di S. Chiara, Latina, Ottob./Nov. 2012, © Riproduzione Riservata) (Pedagogia, 1)

(continua II puntata)

Sergio Andreatta, EDUcare, difficile scommessa (II)

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